Nonostante i suoi costi d’acquisto abbastanza elevati, il Typhoon è un velivolo estremamente capace

UN PROGRAMMA MULTINAZIONALE

Visto il successo avuto dal programma di progettazione, sviluppo e produzione da cui ebbe origine il velivolo multiruolo Panavia Tornado, verso la metà degli anni Ottanta sembrò ragionevole affidarsi nuovamente a una cooperazione multinazionale europea per creare un nuovo modello di caccia da superiorità aerea di concezione estremamente avanzata, destinato a entrare in servizio alle soglie del nuovo millennio. Perciò, nel giugno 1986, i tre paesi che avevano già partecipato al programma Tornado, e cioè Germania. Gran Bretagna e Italia, diedero vita al consorzio Eurofighter, cui ben presto aderì anche la Spagna. Altre nazioni europee, fra cui soprattutto la Francia, furono coinvolte inizialmente nelle riunioni tecniche sul futuro dell’EFA (European Fighter Aircraft), ma poi si ritirarono dallo sforzo congiunto per cercare altrove una risposta alle loro necessità o per dare vita a un progetto autonomo che nel caso della Francia, si sarebbe concretizzato nel Dassault Rafale. Con la realizzazione da parte della British Aerospace del velivolo dimostrativo EAP (Experimental Aircraft Programme), fu possibile mettere a fuoco tutti quei concetti che sarebbero stati alla base dell’EFA, e cioè una configurazione aerodinamica intrinsecamente instabile con alette canard anteriori, un sistema di controllo digitale attivo “fly-by-wire”, un abitacolo tipo HOTAS [acronimo delle parole inglesi “Hands on Throttle and Stick” , che indica la possibilità per il pilota di azionare tutti i comandi essenziali senza staccare le mani daIIa barra e dalla manetta: apparati avionici altamente efficienti, quantunque complessi, schermi multifunzionali, una struttura che facesse largo impiego sia di materiali compositi che di tipo più “tradizionale”, come le leghe in alluminio-litio e titanio, nonché la possibilità per il pilota di impartire vocalmente alcuni comandi.

Un Eurofighter Typhoon completamente equipaggiato con sistemi d’arma P3E che include missili Paveway IV, Brimstone 2, Meteor e ASRAAM.

UNA SPECIFICA “MIRATA”

Nel settembre 1987 l’European Staff Requirement for Development delineò le caratteristiche definitive che l’EFA avrebbe dovuto possedere: si sarebbe trattato di un caccia monoposto relativamente leggero ma tecnicamente all’avanguardia, dotato di una sezione equivalente radar estremamente ridotta, con alte prestazioni nel volo supersonico, facile da pilotare, spinto da un apparato propulsivo costituito da due turbo-ventole, in grado di operare senza difficoltà da piste corte e semi-preparate, e ottimizzato soprattutto per il suo ruolo principale, vale a dire il combattimento aereo ravvicinato e oltre la portata del campo visivo, senza però trascurane altri come quello aria-superficie. La scelta dei motori cadde sulle turbo ventole EJ 200 progettate dal consorzio Eurojet, comprendente la britannica RolIs-Royce, la tedesca MTU, l’italiana Fiat Avio e la spagnola SENER (ora ITP). Dopo strenui contrasti fra le varie industrie coinvolte e i rispettivi ministeri nazionali, nel maggio 1990 si decise che il nuovo radar multimodale a impulsi Doppler ECR 90, dotato di capacità di ricerca e inseguimento degli obiettivi verso l’alto e il basso (“Iook up-look down”) e in grado di individuare e ingaggiare bersagli multipli, venisse sviluppato dalla britannica GEC Ferranti con la collaborazione dell’italiana FIAR e della spagnola INISEL. Quanto all’armamento principale, era previsto il trasporto di quattro missili aria-aria a medio raggio semi-annegati nella parte inferiore della fusoliera per ridurre al minimo le turbolenze aerodinamiche, mentre Il resto del carico offensivo sarebbe stato sistemato sotto nove punti d’attacco; infine, un cannone Mauser BK 27 da 27 millimetri, installato nella fiancata destra della fusoliera, completava la dotazione bellica del velivolo.

Typhoon della Royal Air Force armati di missili Paveway

SENSORI DI CONCEZIONE AVANZATA

Sin dagli inizi degli anni Novanta fu chiaro che per consentire la tracciatura e la visualizzazione di bersagli multipli occorrevano sensori alternativi rispetto a quelli di tipo interamente passivo tradizionalmente impiegati fino ad allora, e il compito di mettere punto a questa nuova tecnologia all’infrarosso per la ricerca e l’inseguimento degli obbiettivi (IRST, Infra-Red and Tracking) venne affidato a una squadra europea comprendente l’italiana FIAR, la britannica Thorn-EMI Electronics e la spagnola Eurotronica. Il contratto per la progettazione e lo sviluppo del sistema IRST venne sottoscritto verso la metà del 1992, seguito poco tempo dopo da quello per la realizzazione del sottosistema difensivo ausiliario, o DASS (Defensive Aids Sub-System), che fu aggiudicato alla britannica Marconi Defence Systems e all’italiana Elettronica. L’accordo relativo a questo sottosistema contemplava inoltre la progettazione e lo sviluppo di un complesso integrato comprendente svariate apparecchiature, tra cui quelle per l’allarme missili, radar o laser, i connessi apparati ESM (Electronic Support Measures, di supporto elettronico) ed ECM (Electronic Counter Measures, per le contromisure elettroniche) alloggiati in pod alle estremità alari, i lanciatori di chaff/flare [nel primo caso si tratta di pagliuzze che sganciate in volo, producono falsi echi radar; i flare invece sono dei razzi luminosi che esplodendo, producono un forte calore che attrae verso di loro i missili con testata autocercante all’infrarosso], installati nella fusoliera, e un apparato di disturbo radar trainato. In un primo momento si decise di dare avvio alla produzione del velivolo nel 1993, ma le continue reticenze da parte dei tedeschi, preoccupati degli ingenti costi del programma EFA nel suo complesso, per giunta proprio in un momento in cui la situazione finanziaria della Germania non era più cosi tanto florida come in passato, minacciavano più o meno velatamente di ritirarsi dal progetto, e causarono una serie interminabile di rinvii. Ciò indusse le quattro nazioni impegnate nel programma a rivedere il loro sforzo congiunto e dopo aver preso in considerazione almeno sette progetti alternativi di velivoli monoposto, verso la fine del 1992 si decise di concentrare lo sviluppo finale su un nuovo EFA, in seguito conosciuto come Eurofighter 2000 e ora col nome Typhoon, un aereo meno capace del suo predecessore ma anche meno costoso, consentendo inoltre a paesi come la Germania di equipaggiare i loro esemplari con apparati elettronici meno sofisticati, allo scopo di ridurre ulteriormente i costi d’acquisto.

Un Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica Militare Italiana durante una missione aerea della NATO in Estonia

TYPHOON, IL MODELLO DEFINITIVO

Attualmente si prevede di costruire 180, 232, 121 e 87 esemplari del modello rispettivamente per la Germania, la Gran Bretagna, l’Italia e la Spagna. I primi due prototipi dell’Eurofighter 2000, contemplati in Germania e in Gran Bretagna e designati, nell’ordine, DA.1 e DA.2, compirono i loro voli inaugurali il 27 marzo e il 6 aprile 1994, spinti da un apparato propulsivo provvisorio costituito da due turboventole RB.199-22. Il primo prototipo con i motori definitivi Eurojet 200 fu il DA.3, costruito in Italia, la cui messa a punto venne però ritardata dagli interventi causati dal sistema digitale integrato di controllo della propulsione progettato dalla DAS e dalla MTU. Il prototipo DA.4, assemblato dalla British Aerospace, fu il primo esemplare biposto ed è utilizzato per lo sviluppo del radar ECR 90; il DA.5, costruito dalla DASA, è adoperato per l’integrazione dell’armamento con i sistemi avionici; a causa dei tagli al programma, gli ultimi due prototipi a vedere la luce sono stati il biposto spagnolo DA.6 e il monoposto italiano DA.7. Il nuovo velivolo ha dovuto affrontare una turbolenta gestazione costellata da numerosi problemi tecnici (che hanno riguardato essenzialmente la messa a punto del software per la gestione del volo, inizialmente sviluppato in Germania) e finanziari, ma sta finalmente cominciando a imporsi come un aereo dalla concezione estremamente avanzata, che nel 1998 è stato ufficialmente battezzato Typhoon. Ci sono ancora da risolvere alcuni delicati dettagli di carattere finanziario, che riguardano soprattutto la ripartizione della produzione dei vari componenti del velivolo fra i quattro paesi aderenti al progetto, per non parlare dei tempi di consegna piuttosto lenti, ma questo modello e stato già ordinato dalla Grecia per le sue forze aeree.

Due Eurofighter Typhoons dell’aeronautica austriaca in stretta formazione sulle Alpi austriache.

VERSIONI PRINCIPALI

Typhoon (modello iniziale realizzato in versione mono e biposto)

UTENTI PRINCIPALI

Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia e Spagna

PROFILO TECNICO

Primo volo nel marzo 1994, entrerà presumibilmente in servizio nel 2001

Tipo: caccia monoposto per combattimento aereo con capacità di attacco al suolo Eurofighter Typhoon

Apparato Propulsivo: due turboventole Eurojet EJ 200, ciascuna della potenza stimata di 60 kN a secco e 90 kN con post-combustione

Prestazione: velocità massima oltre 2.125 km/h o Mach 2 a 11.000 m; velocità di crociera non disponibile; tempo di salita a 10.670 metri meno di 2 minuti e 30 secondi; quota di tangenza pratica non disponibile; raggio d’azione 1.390 km in missioni da superiorità aerea con tre serbatoi sganciabili per 10 minuti di pattugliamento operativo, o 185 km in missioni da superiorità aerea con tre serbatoi sganciabili per tre ore di pattugliamento operativo, o 648,5 km in missioni d’attacco con profilo “Io-Io-Io” con due serbatoi sganciabili, o ancora 2.594,5 km in missioni d’attacco con profilo “hi-Io-hi” con due serbatoi sganciabili

Pesi: a vuoto 10.995 kg; massimo al decollo 23.000 kg

Dimensioni: apertura alare 10,95 m inclusi i pod per le contromisure elettroniche: lunghezza 15,96 m; altezza 5,25 m; superficie alare 50 mq

Armamento: un cannone anteriore fisso Mauser BK 27 da 27 mm nel lato destro del muso (tranne che sui velivoli britannici); più di 8.000 kg di carico bellico agganciato a quattro postazioni missilistiche semi-annegate nella fusoliera e a cinque piloni sotto quest’ultima, oltre che ai punti d’attacco subalari (otto in tutto), generalmente costituito da quattro missili aria-aria a medio raggio e da sei a corto raggio, quattro bombe a guida laser “‘Paveway”, un pod per tracciatura dei bersagli e tre serbatoi sganciabili nel ruolo aria-superficie, o da quattro missili aria-aria a medio raggio e due a corto raggio, quattro missili antinave e tre serbatoi sganciabili nel ruolo antinave; la dotazione bellica può inoltre includere missili aria-superficie e antiradar, bombe a guida laser o elettro-ottica, a caduta libera o ritardata, bombe e missili con capacità di lancio oltre la portata delle difese avversarie (Stand-Off), bombe a grappolo, dispenser per sub-munizioni e lanciatori multipli per razzi aria-superficie non guidati